Dal 18 maggio, pur con tutte le cautele del caso e qualche precauzione di troppo, l’Italia si è liberata in parte dalla chiusura di oltre due mesi. L’editoria, considerata attività essenziale, è rimasta aperta, ma si è pensato solo ai giornali e non agli editori di libri. Infatti le edicole sono sempre state aperte, mentre le librerie, biblioteche e scuole sono rimaste assolutamente chiuse.
Quindi, mi domando: a che serviva essere considerati essenziali?
Ma passiamo oltre, accantono questo passaggio, che sarà da valutare con attenzione, ma rischia di non essere più attuale. Ora dobbiamo dare spazio alla speranza e all’ottimismo: l’Italia può riprendere il suo vigore di un tempo.
Mi piacerebbe essere così ottimista e pensare davvero positivo, ma siamo ancora in una fase difficile, se non addirittura la peggiore in assoluto. Che la chiusura sarebbe stata per un tempo limitato, lo si sapeva, anche se è andata troppo in là nel tempo rispetto a quanto tutti si aspettavano. La riapertura, che avrebbe dovuto risollevare le sorti di questo martoriato paese, appare piena di incognite per molti settori, soprattutto quelli dove la gente è la base predominante della propria attività. Tutte le iniziative imprenditoriali che prevedono un assembramento, sono ancora vietate, ed è per questo che tutte quelle iniziative che prevedono un’affluenza di pubblico devono essere ripensate e/o spostate a “data da destinarsi“.
Già, una data da destinarsi che non si sa quando avverrà. Ed ecco che settori che prima hanno subito la chiusura, oggi si vedono aperti ma senza prospettiva certa, perché dovrebbero svolgere la loro attività senza creare assembramenti, in pratica lavorare senza la gente intorno. Fra questi settori c’è l’editoria, non quella che vende e distribuisce i libri, in un modo o nell’altro si lavorerà, meno ma ora qualcosa si muove. No, mi riferisco a quella editoria fatta di presentazioni di libri, di manifestazioni, di fiere, di eventi culturali, di momenti promozionali, di interventi a convegni (penso alla saggistica). Cioè penso a quella editoria che genera, con l’attività di promozione e marketing, un buon fatturato, ma che per ottenerlo deve per forza “assembrare” più gente possibile. È un po’ il medesimo problema dello spettacolo, con l’unica differenza che in un teatro si possono limitare i posti, se è una piccola libreria hai voglia di limitare, sarebbe come non fare nulla.
Da considerare inoltre che non tutte le librerie hanno riaperto, c’è chi dice (a ragione) che i costi sarebbero al 100% mentre gli ingressi dei clienti al 30%; troppo rischioso e quindi preferiscono rimanere chiusi, almeno finché non sarà chiaro cosa ci aspetta in un futuro prossimo. La stessa cosa la stanno facendo anche molti colleghi editori più grandi della CIESSE, quelle case editrici che hanno dipendenti, oggi in cassa integrazione, rischiano di dover riprendere i lavoratori pagandoli interamente con introiti dimezzati se non peggio.
Il problema è l’incertezza e l’indeterminatezza di questa emergenza; oggi la storia della “data da destinarsi” si sta rivelando peggio della chiusura perché genera insicurezza, per cui impossibile programmare.
Ed ecco che anche iniziative importanti pensate in momenti non sospetti, magari addirittura internazionali, vengono oggi a mancare perché annullate o, se va bene, spostate a “data da destinarsi“. Un esempio è l’iniziativa di formazione denominata “La Giornata dei docenti di Italiano” in Germania, curata dall’Ambasciata italiana a Berlino, a cui la CIESSE aveva partecipato fornendo tutte le nostre pubblicazioni della collana LE NOSTRE GUERRE. Era un’occasione per trasmettere le nostre capacità letterarie addirittura ai “docenti di italiano” che operano in Germania, iniziativa organizzata dal nostro Ministero degli Esteri a cui sarebbe seguita una missione in Germania da parte degli autori dei libri che sarebbero risultati di maggior interesse culturale e scolastico. E i nostri testi della collana LE NOSTRE GUERRE conta di opere eccellenti. Senza timore di smentita, i nostri libri potrebbero avere più di qualche chance di essere scelti, fra questi quelli della prof. Silvia Pascale. È lei con i suoi libri che ha creato l’interesse della Farnesina verso la nostra casa editrice, quindi qualche aspettativa l’avevamo entrambi, io e Silvia.
Ma se queste iniziative vengono spostate o, peggio ancora, annullate, è un problema.
Pubblico la mail ricevuta dalla responsabile del progetto del Ministero degli Esteri, solo per far meglio comprendere che questa storia della “data da destinarsi“, molto probabilmente sarà il nostro peggior nemico da qui a… data da destinarsi.